Nelle ore in cui Vincenzo Italiano succede a Thiago Motta sulla panchina del Bologna – entrambi giocheranno la Champions League nella prossima stagione – sulla panchina che fu loro ci mette una bella firma Luca D’Angelo.
Lo fa a furor di popolo in una piazza entusiasta del suo operato, che non aspettava altro che l’annuncio ufficiale dopo giorni di velati – benché infondati – allarmismi.
Ci mette la firma fino al 2027, il tecnico abruzzese, due anni in più dunque rispetto a quel che prevedeva il rinnovo contrattuale scattato automaticamente al raggiungimento della salvezza, subito dopo aver attraccato la nave in porto.
Un messaggio forte, questo, da parte di una società conscia probabilmente di non dover perdere tempo per non rischiare di incappare in qualche errore del passato.
Progettare un futuro partendo da una certezza, da una figura in grado di mettere tutti d’accordo sul piano umano e professionale.
Nelle ultime ore si rincorrono voci di chi ipotizza anche la rinuncia alla panchina del Venezia neopromosso in massima serie, una categoria mai affrontata dal tecnico ex Pisa, per mantenere fede alla parola data e stringersi ancora a un gruppo di giocatori col quale ha ballato come su un Titanic fino a portare salva a casa la pelle in un “Picco” straripante e stracolmo di passione.
Qualcosa che, senza dubbio, non lo ha lasciato indifferente, un patrimonio sul quale sa di poter ripartire per programmare un campionato fatto di continuità per strizzare l’occhio alla parte sinistra della classifica.
Il popolo bianco auspica ora un mercato in grado di apportare sostanza, senza dover necessariamente compiere chissà quali sforzi economici, in quelle zone di campo che si sono rivelate deficitarie di qualità e di ricambi all’altezza nello scorso campionato, ben sapendo che non si ripartirà da zero ma da un mercato di gennaio che porta già con sé giocatori e linee guida per ricominciare al meglio.
Una firma su tre anni, dunque, per pianificare la scalata a questa categoria passo dopo passo sulle orme di quel che già è stato vissuto qui negli anni che vanno da Bjelica a Italiano, quando uno Spezia man mano sempre più competitivo ha saputo trovare quadra e uomini giusti per essere sempre più solido, fino al trionfo finale.