C’era un tempo, per lo Spezia Calcio, fatto di stazionamenti infiniti nelle serie minori del calcio italiano.
Un tempo fatto di viaggi su campi di estrema provincia e periferia nazionale, spesso spelacchiati e polverosi, sovente scarni di tribune e di gradoni.
Decenni di uno Spezia molte volte miracolato, con proprietà che variavano tra l’eroico e il farzesco, il fondo del barile raschiato a più riprese per permettere a questa piazza calcistica tanto appassionata di sopravvivere nel calcio che conta.
Erano più incubi che sogni, eppure affrontati e vissuti con estremo orgoglio, fierezza e un inscalfibile spirito di appartenenza.
Fallimenti, rinascite, azionariati popolari come mai prima si erano visti in Italia pur di salvare il salvabile.
Promozioni in Serie C1 vissute come fossero coppe dei campioni, giocatori rimasti beniamini di chi calcava quei gradoni – ancora oggi affezionati alle sorti di questa squadra – a dispetto del tempo che si diverte ad annebbiare ricordi e sensazioni.
Oggi lo Spezia è una delle più floride realtà del panorama calcistico nazionale dopo un ventennio, l’ultimo, contraddistinto da un deciso salto di qualità culminato col raggiungimento della serie A in piena epoca Covid.
Una serie A affrontata per tre stagioni a testa altissima prima di una amara – e per certi versi immeritata – retrocessione, e adesso ancora protagonisti in una categoria – quella cadetta – nella quale lo Spezia è temuto e rispettato come mai si sarebbe creduto essere possibile.
Giocatori e allenatori lanciati nell’olimpo dei più grandi club, un settore giovanile da anni finalmente all’altezza, strutture tra le più complete e persino studiate dell’intero panorama nazionale.
Si è fatta un “nome”, la società di via Melara, un biglietto da visita ben leggibile, un curriculum in crescendo in relazione a quel che racconta la propria storia. Un’impennata di valore.
Domani sera lo Spezia di mister D’Angelo tornerà a caccia della massima serie con la convinzione che adesso si, ci può essere davvero tutto apparecchiato per consolidarsi in alto, per provare a stazionare nella massima serie o, nella peggiore delle ipotesi, per continuare a inseguirla con sempre maggiori argomenti, dentro e fuori dal campo.
Un popolo intero soffierà alle spalle come non riuscì a fare nel 2020, biglietti polverizzati e la dolcissima sensazione, dopo una stagione di ripetuti sold-out, che il “Picco” possa persino non bastare a contenere una tifoseria sempre più numerosa grazie a quelle nuove generazioni che, negli ultimi anni, si sono appassionate in massa alla maglia bianca.
Vincenzo Italiano puntava sulla spensieratezza con la forza delle idee, Luca D’Angelo sa di avere a disposizione un blocco granitico, formatosi sulle difficoltà, plasmato a sua immagine e somiglianza.
Coraggio, baricentro alto, personalità feroce: tanto diversi eppure tanto simili i due gruppi che resteranno per sempre, comunque vada domani sera, nel cuore di questa piazza.
Due gruppi che potrebbero essere considerati capostipiti di una nuova e fortunata Era per un club che ne ha vissute davvero di ogni sulla propria pelle.