E’ per certi versi complesso, per altri versi molto semplice, ragionare sullo Spezia di quest’anno e di quest’ultimo periodo.
Che il gruppo di quest’anno sia più forte, più esperto e meglio assortito rispetto a quello dello scorso anno è fuori di dubbio, ciò che salta principalmente all’occhio sono gli stessi difetti che ci trasciniamo da più di un anno. Vale a dire la poca cattiveria e la non sufficiente dose di cinismo sotto porta, nonché la tendenza a prendere gol per piccoli, ma letali, cali di concentrazione, guarda caso, spesso, negli ultimi minuti delle prime frazioni di gioco.
Non riuscire a sbloccare il risultato dopo aver profuso grande sforzo atletico e diverse occasioni da rete, nel calcio è spesso sinonimo di beffa e di giornata storta.
Quando poi subisci, sul suono della sirena, i classici gol della domenica o subisci gol sull’unica occasione avversaria, l’inerzia della partita ti scappa di mano e per riprenderla devi essere una squadra molto forte.
Lo Spezia è forte. Manca un tassello, un piccolo salto di qualità sotto forma tecnica, tattica e mentale per esserlo ancora di più.
Grande prestazione, ieri, per i ragazzi di Bjelica. Nulla si può rimproverare sul piano del gioco e dell’impegno, una costante, questa, che lascia ancor di più l’amaro in bocca.
Il passo avanti rispetto a Cesena è fuori di dubbio. Gli aquilotti sono sempre li, nel gruppone in cui si trova da un anno, le prime due sono a un passo e il campionato è appena all’inizio, ma la sensazione netta è che ci siano ancora da sistemare dettagli troppo importanti…
Consci però che, una volta migliorati, questo gruppo potrà davvero diventare irresistibile per molti e creare il vuoto dietro di sé.
Se questi piccoli difetti, viceversa, si protrarranno, saremo sempre li nel gruppo.
Forti, potenzialmente devastanti, ma alla stregua di altre quattro, cinque, sei formazioni.
Una buona squadra, anzi, una squadra forte e un grande gruppo, ma non un livello in più.
Questo è, in breve, uno dei due aspetti che condizionano e frenano il volo delle aquile.
L’altro aspetto, il secondo capitolo del momento, riguarda la classe arbitrale.
Se ne può, anzi, se ne deve parlare, a maggior ragione oggi, dopo l’ennesima partita che ci ha visto subire impotenti.
Si può alzare probabilmente anche la voce. Si è toccato il fondo. Pesantemente.
Non si tratta di dare attenuanti alla squadra o giustificazioni per un pareggio che ci va strettissimo, sia chiaro. Si tratta di capire che c’è un limite a tutto ma esistono personaggi che continuano imperterriti a danneggiare questa società e questo gruppo di lavoro, personaggi che continuano a prenderci per i fondelli senza che si riesca a mettere un freno a tutto questo.
I dubbi della vigilia su Pezzuto si sono rivelati nuovi incubi.
Il fallo invertito su Nenè, durante il recupero e con lo Spezia proteso in avanti, è emblematico di un qualcosa che non si riesce a comprendere e, nel suo piccolo, dà più fastidio degli episodi da rigore che ci hanno visto ancora una volta “sfortunati“.
Nel dubbio, la decisione è già stata presa, e sappiamo quale. Negli episodi più netti, si sorvola, si lascia andare. Nei piccoli episodi, il metro di giudizio è spesso avverso e talvolta maledettamente palese di un atteggiamento ostile.
Troppe volte, per essere un caso.
In un campionato come questo è importante far punti in ogni modo, ogni metodo è fondamentale, compreso un calcio di rigore, o un favorino arbitrale.
Sono punti pesanti, punti di cui lo Spezia, però, non assapora mai il gusto. Non si intravede l’uscita dal tunnel, non sappiamo chi, come e quando, potrà muovere le giuste pedine nelle sedi appropriate per ripristinare un minimo di rispetto nei nostri riguardi.
Il rispetto lo meritiamo alla stregua di ogni altra società, eppure i pesci in faccia che riceviamo su ogni campo, compreso il nostro, non si contano più.
E non da ieri. Direi che ne abbiamo abbastanza…