[ot-caption title=”La squadra schierata a centrocampo – Foto Patrizio Moretti” url=”http://speziacalcionews.it/quotidiano/files/uploads/2016/08/squadra.jpg”]
Un cerimoniale d’apertura della serie B che ci siamo guadagnati, un inno nazionale che rende ancor più preziosa la serata di “gala”, e poi quel minuto di silenzio che commuove mente e cuore, in quei 60 secondi in cui il “Picco” si avvolge in un suono infinito e indecifrabile, che pare un deserto.
Poi, davanti agli occhi del presidente Abodi, di Gattuso e del capriccioso procuratore di Iemmello, Davide Lippi, è Spezia-Salernitana.
Di Carlo-Sannino, sulla carta è sfida vera, ed entrambi, a pochi metri di distanza dalle rispettive panchine, paiono una sorta di gemelli: teste lucide illuminate dai riflettori con troppa severità, a rimarcare ogni capello mancante; completi neri eleganti, tecnici esperti, di temperamento, un lusso per questa categoria.
Proprio Sannino, nei primi 45 minuti, imbriglia lo Spezia presentando una fitta ragnatela di uomini a centrocampo; ne esce tanta lotta nella zona mediana e una gara bloccata, poche zone di luce per gli avanti aquilotti e quella tensione da “debutto” che taglia gambe ed idee.
Su questo aspetto si fionda la Salernitana, che con un uomo in più a centrocampo concede solo ombra e briciole allo Spezia, tra lo sventolio sempre più agitato di un qualunque oggetto che faccia aria, per i tifosi locali. E’ un caldo da sembrare metà luglio.
Come dirà Di Carlo al termine del match “lanci lunghi e squadra lunga non vanno mai d’accordo..” e proprio su questa strada i bianchi si perdono, pagando un conto troppo salato sul tabellino di fine tempo: 0-1, conseguenza di un tiro di Rosina dal limite che, una volta deviato, diventa imparabile per Chichizola.
Il timore, ancora controllato, è quello di non riuscire mai a partire a razzo ad inizio campionato.
Però mancano 45 minuti, e nel calcio d’agosto non è un dettaglio da poco.
Nella seconda parte infatti i bianchi reagiscono, ruggiscono, e c’è tanto Spezia fino all’ultimo secondo di recupero.
La timidezza lascia il posto alla sfrontatezza tecnica e fisica degli uomini di casa, a maggior ragione dopo gli ingressi di Iemmello e di Vignali.
Tecnica, testa, fisicità, variazioni tattiche, pressing costante, palle gol a ripetizione, pareggio in mischia e gol della vittoria sfiorato a più riprese; voglia di vincerla e la sensazione che sarebbe bastato davvero tanto cosi per farcela.
Ma il segnale di mentalità forte, dato nel secondo tempo, è quello che resta.
Un 4-3-1-2 che ancora promette scintille con Piccolo dietro alle due punte pesanti, e poi tanto di quel Nenè da far luccicare gli occhi per tecnica, freddezza e tranquillità.
Nenè è rinato con l’avvento di Di Carlo ed ora davvero, è la punta che lo Spezia credeva di aver acquistato dal Verona una stagione e mezza fa.
Un potenziale crack per la categoria, un regista degli ultimi 20 metri, colpi di testa, sponde chirurgiche, assist e piede costantemente caldo. Gli mancavano solo i gol di rapina.
L’intesa con Iemmello pare naturale, e a proposito di Re Pietro, qualcosa c’è da dire; al termine della partita la piazza si è divisa tra chi crede che abbia “cambiato” in positivo il match, e chi crede, invece, che abbia potuto e dovuto far di più nelle occasioni ghiotte capitategli sotto porta.
Il nostro piatto tipico, al sapore di “mugugno”, lascia in questo caso un retrogusto dolce: l’area di rigore sembra davvero l’habitat naturale per l’ex Foggia al quale è mancata solo un po’ di cattiveria sotto porta per gonfiare la rete.
Però c’è, eccome se c’è, eccome se si libera dell’uomo negli ultimi sedici metri.
Resta questo, resta la promessa di futuri banchetti ricchi all’interno di un area di rigore che sembra già essere apparecchiata per appuntamenti importanti. Per gol importanti.
Alla fine è 1-1, ed è già punto pesante, perché in B certe partite nate sotto una cattiva stella le perdi con estrema disinvoltura.La Salernitana, squadra quotata e data tra le sicure protagoniste, non tira mai in porta, mentre lo Spezia corre, imposta e spreca ad un ritmo vertiginoso per 45 minuti nei quali molte altre squadre avrebbero potuto mostrare il fianco al contropiede granata.
Questa è vera forza, un tesoro da conservare e che ci portiamo dietro dallo scorso girone di ritorno. Ci siamo alla fine riconosciuti.
Dentro e fuori dal campo ci si guarda negli occhi, ed il pensiero è forse lo stesso, all’unisono: “Siamo carichi, siamo sempre noi..“.