Dura la vita degli allenatori, costantemente sotto esame, ma è dura anche quella dei tifosi, quando le cose si mettono male e sono costretti ad assistere a gare come quella di ieri al Picco.
Tutti scontenti, l’aria si fa tesa e inizia il tutti contro tutti, nulla di più difficile poi da gestire, se non con l’unione di intenti.
Anche perché poi lo spettro delle accuse si allarga a macchia d’olio arrivando a coinvolgere non solo chi ha fatto la squadra e chi la allena, ma anche chi dirige la baracca dall’alto e che, volenti o nolenti in questa categoria l’ha portata.
Un malcontento che cova da tempo e non è certo cosa di questi tempi, ma che ora viene a galla come sprigionato del tutto.
E basta a poco il mea culpa di Angelozzi ai cancelli, quell’assunzione di responsabilità per scelte errate o mancanze che la piazza aveva a lungo segnalato in estate, ora serve qualcosa di più, qualcosa di diverso.
Perché le buone intenzioni, e su questo è difficile poter dire il contrario, quelle di rendere il parco giocatori di proprietà e con possibili plusvalenze future, restano buone solo se poi hanno il riscontro del campo.
Quel riscontro che al momento non c’è, anche se i tempi calcistici sono spesso lunghi, anche perché, forse, determinati segnali positivi, sono stati considerati più importanti di certi campanelli d’allarme che già si sentivano in lontananza.
Ne consegue che resta difficile al momento capire il reale valore di questa squadra, tenuto anche conto del recupero prezioso di due elementi al top per la categoria come Bidaoui e Ragusa.
Come riesce difficile capire quale sia il punto di rottura tra le buone intenzioni del calcio propositivo di Italiano ed i limiti applicativi sul gruppo che ha a disposizione.
Se basiamo il responso sulla gara di ieri, la diagnosi non può essere ottimistica, tanto è sembrata scollata la squadra, specie alla prima difficoltà.
Il fatto che in gruppo ci siano tanti ragazzi giovani, acuisce il problema, ma quello che risulta più evidente è la passività della squadra in campo.
La mancanza di quel qualcosa in più che nelle difficoltà deve venir fuori, anche qualche cartellino in più che magari evita un gol, un segnale di cattiveria agonistica che troppo spesso non si vede.
E tutto ciò è tremendamente strano se si pensa al carattere ed alla determinazione quasi eccessive che il tecnico mette sul campo, dagli allenamenti alle partite.
Ed ora che gli iscritti al partito dell’esonero aumenta a vista d’occhio, cosa può inventarsi Italiano per uscire da questa situazione?
Un primo segnale potrebbe essere un passo indietro, sia dal punto di vista dell’integralismo delle sue idee, sia materialmente, sul campo, magari in attesa di tempi migliori…
Tutto ciò per compattare squadra ed idee, anche se siamo convinti che le sue di idee siano positive e propositive, ma certe volte serve una correzione, un segnale di cambiamento.
La squadra che ha a disposizione non è da retrocessione, potrà avere difetti strutturali, ma a livello tecnico è e resta una buona squadra, serve invertire la rotta, a volte si fa cambiando il capitano, a volte è il capitano stesso che ruota il timone…