Già cosi, indimenticabili.
Vincenzo Italiano, i suoi ragazzi, questa stagione straordinaria sotto tutti i punti di vista.
Sono tante le grandi storie non sempre irte di rose e fiori, quelle che passano anche attraverso inciampi, avversità, difficoltà. Tutta roba, dicono, che aiuta a creare quella volontà di ferro indispensabile a compiere grandi imprese.
Le “rose e i fiori” di questo Spezia iniziano a palesarsi lungo il cammino salendo dal fondo di un dirupo.
L’ultimo posto toccato in graduatoria all’inizio dello scorso autunno è stato un valido motivo per rimboccarsi le maniche e non arrendersi ad un destino grigio, non farsi vincere da quelle annate che possono diventare nere anche per formazioni più blasonate.
Figuriamoci per questa rosa imbottita si, di giocatori importanti, ma anche di giovani, con un allenatore all’esordio in cadetteria.
La lunga striscia positiva iniziata con la vittoria di Pescara la conosciamo tutti, ha permesso agli uomini di Italiano una cavalcata che resterà nella storia anch’essa, come il piazzamento finale sul gradino più basso del podio, che è il più alto della storia del club.
Il recupero di alcuni giocatori importanti, al pari di qualche episodio che finalmente si è messo a girare nel verso giusto dopo quelle prime settimane anche sfortunate, ha permesso di consolidare un impianto di gioco propositivo, alzare i ritmi e la qualità del palleggio, digerire meglio i nuovi dettami di un tecnico con idee innovative, che necessitano d’un tempo fisiologico di apprendimento per manifestarsi appieno.
La fiducia data da quella lunga striscia positiva ha convinto tutto l’ambiente, spingendo anche i giocatori più giovani ad esplodere tutto il loro talento all’interno di una macchina da gioco via via sempre più oliata e riconoscibile.
Il tecnico aquilotto non ha predicato nel deserto nemmeno nel periodo più difficile, perchè li è un attimo, non risorgere più.
Ha trovato un gruppo sano, desideroso di emergere e di stupire.
All’impianto fondato sul 4-3-3 di Pasquale Marino, ha aggiunto i suoi ingredienti e le sue idee, tante variabili, a dispetto dello stesso ordine di quei tre numeri: 4-3-3.
Ha imposto un baricentro più alto, ha lavorato sodo sui ritmi di gioco e sul controllo del match, su accelerazioni e rallentamenti da imporre attraverso una manovra avvolgente, sfruttando i piedi buoni anche dei suoi difensori, chiamati spesso ad aggiungersi alle mezzali o prenderne il posto, nel vivo del gioco.
Una difesa sempre più solida ha fatto poi il resto, garantendo solidità davanti ad uno Scuffet risultato spesso inoperoso, mentre le polveri bagnate dei centravanti sono state compensate dai gol pesanti, da tre punti, di Gyasi e di Ragusa.
Quel che resta, e che andrà a caccia di ulteriori pagine di libri di storia, è un marchio di fabbrica che porta molti addetti ai lavori a considerare questa squadra come la più seria candidata all’ultimo posto disponibile per la massima serie.
Roba da toccar ferro ovunque lo si trovi, andando proprio a cercarlo.
L’ultima grande nota di merito è stata quella legata alla conquista del terzo posto nonostante una rosa ridotta all’osso per diverse, cruciali settimane, quelle settimane nelle quali pareva perfino concreto l’obiettivo della promozione diretta, prima di un’inevitabile frenata.
Già cosi, dunque, questo è un gruppo che resterà indimenticabile e non facilmente superabile in termini di punti conquistati e di qualità espresse.
Si va alle semifinali dei nostri ennesimi Play Off, dunque, confidando in quella grande ruota capace ogni tanto di girare storie e destini.
Di ergere ad eroi uomini coraggiosi.