Ci siamo, poche ore e si metterà la parola fine ad una stagione iniziata quasi un anno fa, un’annata che ha visto di tutto in casa Spezia, dall’ultimo posto al secondo, dalla contestazione feroce alla squadra e a chi l’ha costruita, agli attuali giorni di entusiasmante attesa collettiva.
Un percorso reso ancor più arduo dal lockdown che ha messo fuori uso elementi cardine della squadra e dagli infortuni, sfortunatissimi, dei due pilastri Capradossi e Marchizza.
Ma c’è un comune denominatore, un’unione di intenti unica che si è creata mano a mano, rafforzata lungo la strada da ogni sconfitta, cementata dal duo Angelozzi – Italiano, rifinita dalla bravura del tecnico nel fare sentire tutti importanti, tutti decisivi, nessuno superfluo.
Alcune scelte le ha forzate la necessità, ma chi ha dovuto cimentarsi in ruoli non proprio suoi, lo ha fatto integrandosi comunque in un meccanismo oliato.
La grande forza del gruppo è stata proprio quella, anche se gli inciampi nel post lockdown ci sono stati, proprio nei momenti in cui la rosa si è assottigliata in maniera da rendere complicate le rotazioni al tecnico.
La forza del collettivo è stata esaltata da quella degli esterni, croce e delizia dell’annata: prima in abbondanza, poi ridotti all’osso.
I play-off hanno riequilibrato la rosa in termini numerici, se si eccettuano i centrali di difesa, dove è richiesto il super lavoro a Erlic e capitan Terzi.
Il centrocampo, ritrovate le geometrie di Matteo Ricci, consente la rotazione delle mezzali, anche se per l’appuntamento con la finale, Gennaro Acampora ha dovuto dare forfait per un nuovo guaio muscolare.
Una menzione particolare la merita Paolo Bartolomei, protagonista di un finale di stagione e di play-off di grandissimo spessore fisico e tecnico. Un trascinatore per i compagni.
E poi c’è Giulio, salito alla ribalta in queste gare e ormai maturo per il grande salto.
Lo spezzino sente l’importanza monumentale del momento e sta mettendo in campo tutto ciò che ha in maniera positiva.
L’attacco ha cambiato pelle tante volte durante la stagione, vuoi perché nella prima parte non c’era un vero e proprio centravanti d’area, vista l’assenza di Galabinov, che peraltro costringeva Gyasi a disimpegnarsi da centravanti.
Proprio il Gyasi che, praticamente segnando solo nel girone di ritorno, ne ha collezionati 9, tra cui quello pesantissimo di domenica scorsa.
Nella prima parte del campionato aveva dato invece un grande apporto Ragusa, uno di quelli che il lockdown ha fortemente limitato.
I play-off hanno cambiato di nuovo le carte in tavola, anche per dare spazio a chi fisicamente sta attraversando il momento migliore.
Il rientro di Galabinov ha dato una grossa mano per mettere in pratica l’attacco pesante, con Nzola spostato a destra con licenza di accentrarsi per riempire l’area di rigore.
Mentre il ritorno a sinistra di Gyasi ha permesso di fargli ritrovare la verve appannata.
La grande fiducia per la gara di domani viene proprio da questo, da un attacco ritrovato, da una mentalità acquisita dalla squadra che ha vacillato solo per i primi 10 minuti di Verona e dalla convinzione, mai stata a questi livelli, di poter raggiungere l’obiettivo.
Il tutto trascinati, anche se indirettamente, da una città che in questi giorni vive un’attesa spasmodica ma controllata, tra scaramanzie e testimonianze d’affetto, in attesa di poter esplodere in maniera deflagrante.
Il pullman verrà accompagnato al Picco come con il Chievo, sarà un lungo torpedone di passione siano a Viale Fieschi, per poi seguire l’evolversi della gara là dietro, in Via dei Pioppi, per far sentire tutto il calore possibile.
Del resto questi momenti non si ripetono tante volte in una città di Provincia, vanno quindi vissuti intensamente, considerando che c’è sempre una prima volta, talvolta stupenda e inaspettata…