Chi ha seguito in questi ultimi anni la crescita nel settore giovanile aquilotto di Nicolò Bertola, classe 2003, non si meraviglia oltre modo per il livello raggiunto oggi dal ragazzo in prima squadra.
Capitano delle varie Under, ha mostrato fin da subito ottime abilità tecniche, visione di gioco, tempra da leader, letture difensive importanti.
Un punto fermo anno per anno, con un fisico costantemente in crescita e stigmate presto riconosciutegli da prototipo del difensore moderno.
Il minutaggio ottenuto lo scorso campionato ha permesso al giovane difensore aquilotto di prendere fiducia e dimestichezza nel calcio dei grandi, anche se non va dimenticata la già ottima considerazione che aveva di lui colui che lo ha fatto esordire giovanissimo in massima serie, ossia Thiago Motta, uno che di giovani se ne intende, uno che prima ancora di mister D’Angelo prevedeva per lui buone doti persino da diga davanti alla difesa.
Alvini prima e D’Angelo poi non hanno mai esitato a puntare su di lui anche nei momenti più delicati della scorsa, tribolata stagione: la crescita è stata esponenziale, le prestazioni sempre più farcite di solidità, fino a guadagnarsi una maglia da titolare contro il Venezia, nell’ultimo atto-thriller che ha visto lo Spezia raggiungere la salvezza nel tripudio di un “Picco” gremito.
Una crescita talmente esponenziale, dunque, da permettergli, ai nastri di partenza di questa stagione, di essere considerato un punto fermo della retroguardia aquilotta e probabilmente anche della Nazionale Under 21, corteggiato e – pare – già richiesto da qualche club di serie A.
Il gol a Pisa ottenuto con un perfetto stacco di testa, la prestazione assolutamente importante contro il Frosinone, con quelle uscite a testa alta palla al piede in mezzo al traffico, dicono molto delle sue qualità e della spensieratezza con la quale affronta questo periodo fondamentale di lancio della sua carriera.
A questo proposito, tutti auspicano un accordo sul prolungamento del contratto che scade a giugno: un accordo da trovare, un accordo che porti benefici a tutti, anche ad una società che ha creduto in lui, che ha saputo valorizzarlo, tutelarlo e lanciarlo con i giusti tempi e modi nel calcio dei grandi.
Pietro Candelari, classe 2005, arriva al Ferdeghini nel 2021, quando va ad arricchire la rosa della formazione Under 17, e fin dalle prime apparizioni non vi è stato dubbio alcuno riguardo alle sue potenzialità tecniche e mentali.
Candelari è fantasia, baricentro basso, tecnica cristallina, dribbling, capacità naturali di muoversi tra le linee e forza nelle gambe, a dispetto di un fisico non certo possente.
Poche apparizioni lo scorso anno, roba che però non è passata inosservata e ha dato ragione a chi ha deciso di lanciarlo in prima squadra.
Ruolo ancora ibrido, o sarebbe più corretto definirlo un jolly dalla cintola in su, uno di quei giocatori che può agire da trequartista o da esterno offensivo, date le sue caratteristiche palla al piede, la sua corsa e la rapidità di pensiero.
Eloquenti sono le parole spese per lui da mister D’Angelo negli scorsi giorni in occasione della partenza di Verde, quando ha pubblicamente considerato Candelari come uno dei titolari di questa squadra, uno che può riempire in parte anche tecnicamente il vuoto lasciato dal fantasista napoletano.
Alle parole sono già seguiti dei fatti non banali: maglia da titolare e gol a Salerno, ingresso in campo che spariglia le carte tra le linee avversarie e si rivela a detta di tutti fondamentale per ribaltare il Frosinone sabato sera, per dare un indirizzo tattico e tecnico diverso a un match complicato.
Diverse giocate pregne di personalità, tanti palloni cercati, freschezza atletica, una giocata che porta al calcio di rigore trasformato da Salvatore Esposito.
La sensazione è quella di assistere agli albori di una carriera che può portare davvero lontano il ragazzo nativo di Ancona.
Due prospetti, Bertola e Candelari, che raccontano qualcosa di importante dello Spezia attuale, di un gruppo che ha fame e voglia di crescere, calato perfettamente anche da un punto di vista mentale sulle strade impervie della serie cadetta.
Due ragazzi che raccontano però ancora di una società che, al netto di recenti passi falsi, lavora tanto e bene coi suoi giovani e crede in loro, come dimostrano anche gli ultimi inserimenti nella rosa della prima squadra di ragazzi molto interessanti come Di Giorgio, Benvenuto e Giorgeschi.
Una strada affascinante – prima ancora che obbligata – per una società come la nostra che negli ultimi 12 anni ha saputo rimodellare e plasmare un settore giovanile finalmente tra i più autorevoli in Italia.
Qualcosa di impensabile fino al primo decennio del 2000.