Lo sport si ferma, ieri il CONI ha deciso per tutti, dilettanti e professionisti, occorre fermarsi, per tanti motivi.
In serata si è aggiunta la decisione del governo che ha emesso un nuovo decreto legge, in vigore da oggi, a tal proposito e a quello di estendere le misure restrittive all’intero paese.
Quindi diventa inutile la decisione della Federcalcio che, nella giornata odierna, prenderà coscienza delle indicazioni governative, rinviando i campionati a dopo il 3 Aprile.
Il calcio si ferma e alla fine è giusto così, come è giusto che ognuno modifichi le proprie abitudini, scettico o meno scettico rispetto alle decisioni di chi governa il paese.
Un paese troppo abituato alla sua “normalità” da volerla mantenerla il più possibile, anche andando contro l’evidenza di un’emergenza che a molti può sembrare non toccarci da vicino.
Un calcio che nel week-end appena trascorso, aveva provato a sopravvivere all’emergenza, continuando i campionati a porte chiuse, tra mascherine, mancate strette di mano, ma anche grandi abbracci ai gol.
Un calcio ovattato, finto, violentato nella sua essenza: la partecipazione popolare.
Un’altra violenza alla normalità, un controsenso, anche se motivato con la necessità di terminare i campionati entro la fine di maggio.
L’emergenza impone di fermare tutto per almeno tre settimane e questo farà anche il calcio, nella speranza di ritrovare quella normalità che tanto ci manca.
Tutto questo a prescindere dal fatto che il calcio, come altre cose della nostra quotidianità, facciano parte del superfluo e che la salute venga prima di tutto.
Da oggi in poi se avevamo ignorato l’emergenza e dato più importanza al nostro ego, è il momento di tirar fuori tutta la nostra voglia di normalità, dipenderà da noi riuscire a tornarci al più presto.
Poi ognuno potrà tornare a seguire i propri hobby, il proprio sport, le proprie abitudini.
E tutti speriamo che al più presto si possa tornare ad inseguire anche i sogni, quelli frivoli come quelli che segnano una vita.
Sperando un domani di avere una storia bella da raccontare, dopo averne vissuta una che nessuno di noi metterà tra i ricordi migliori.