Si discute su quando si riprenderà, sul come, con quali misure di sicurezza, con quanti allenamenti alle spalle, con quali distanziamenti plausibili in un mondo che, per sua natura, non ne prevede.
Ciò che non si discute è da chi lo Spezia ripartirà, nell’imminente futuro e quando sarà finito questo campionato interrotto e rivoluzionato dall’emergenza Covid-19.
Non sembrano esserci dubbi, al di là di come finirà questa stagione, circa la permanenza di Vincenzo Italiano sulla panchina aquilotta.
Il tecnico siciliano è arrivato in riva al golfo con le stigmate del predestinato, dopo aver scalato in un paio d’anni le serie inferiori di una gavetta affrontata con le maniche rialzate, con la voglia di stupire anche dopo aver appeso le scarpette al chiodo.
Tempra da centrocampista che ha sempre abbinato qualità e quantità, piede caldo e personalità, riporta quella stessa mentalità nella sua nuova veste da allenatore.
A Trapani, lo scorso anno, il suo primo capolavoro in panchina: in un contesto societario ed ambientale complicatissimo, conquista un‘ insperata promozione dalla Lega Pro alla B in una piazza che era in preda ad una depressione generalizzata, con giocatori sul piede di guerra.
Ha saputo creare empatia, ha formato un gruppo vincente riuscendo ad isolare sapientemente ogni fattore negativo. Portando ogni ragazzo a sé.
Un generale che chiede ai suoi soldati di dare il 100% in ogni condizione atmosferica, di amare la professione prima di tutto, di rispettare una tifoseria.
Un’idea di calcio vincente, un gioco propositivo, disposto all’offensiva.
Terzini che spingono, centrali che salgono palla al piede, la riproposizione – con le dovute proporzioni – di un’idea di possesso che strizza l’occhio alla scuola di Guardiola: difensori con licenza di impostare “alti”, abili coi piedi, mezzali che si alzano spesso a ridosso della punta centrale, esterni offensivi che si abbassano per cercare la massima ampiezza, per allargare linee avversarie di difesa e centrocampo.
Qualcosa che richiede coraggio, voglia di imporre il gioco, fabbricazione di una mentalità vincente.
Idee che richiedono lavoro e tempo per essere immagazzinate.
Un pò quel che è successo in avvio di campionato a questo Spezia; pallino del gioco in mano, baricentro votato in avanti, distanze e meccanismi non perfettamente oliati, in una categoria che non perdona il minimo errore individuale o di squadra.
Un avvio shock, pagato con un prezzo oltre modo superiore rispetto agli effettivi deficit.
Il tempo è stato galantuomo, la storia degli ultimi mesi di campionato la conosciamo tutti.
Anche i più feroci detrattori iniziali si sono dovuti ricredere, finendo per godere anch’essi, più di uno sotto i baffi, di alcune prestazioni davvero sontuose degli aquilotti, tali da scomodare applausi convinti da tutti gli addetti ai lavori, avversari compresi.
Una striscia positiva imponente, da record per la storia di questa squadra in cadetteria.
Un secondo posto appena accarezzato, che ha generato entusiasmo, ed un ultimo periodo di leggera flessione che tiene comunque le aquile in una posizione di classifica soltanto sognata qualche mese fa, in scia alle primissime.
E poi, non ultimo, la capacità del tecnico aquilotto di saper lavorare coi giovani; quella aquilotta, infatti, è la rosa più verde dell’intera categoria.
Una dote particolarmente apprezzata in via Melara, qualcosa che completa perfettamente una politica societaria che punta ad affidarsi a ragazzi di grande talento, siano essi di casa o importati: si pensi a Scuffet, Salva Ferrer, Capradossi, Erlic, Marchizza, i gemelli Ricci, Maggiore, Nzola, Gyasi.
Tutto in mano a Vincenzo Italiano, dunque.
Sogni che bollono e fremono sotto quell’idea di calcio cosi riconoscibile.
Presente e futuro di una società che punta al massimo col supporto di un’idea ormai chiara e, soprattutto, con gli uomini giusti al posto giusto.