Motta vs Italiano – Simili per certi aspetti, agli antipodi per altri, analizziamo i loro principi

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Abbiamo conosciuto bene e in un certo senso anche visto progredire nel percorso Vincenzo Italiano, stiamo seguendo con grande interesse e trasporto Thiago Motta, al quale si legano le attuali vicende dei bianchi.
I confronti tra i due tecnici sono molto gettonati in questa settimana, del resto quello di lunedì non sarà affatto un appuntamento banale per la storia calcistica dello Spezia, il passato vittorioso recente con annesso tradimento, che si scontra con il presente che sta assumendo contorni più leggibili di settimana in settimana.

Il percorso fatto nel conoscere pregi, difetti e modus operandi di Italiano, viene ripercorso con Motta, compresi gli appuntamenti spartiacque, i dentro o fuori.
Italiano sulla via dell’esonero prima di Pescara, Motta con le valigie quasi pronte prima di Napoli, il fato e forse il destino, hanno fatto il resto.
Provo quindi a dare una visione personale su questi due protagonisti e lo voglio fare partendo dalle rispettive tesi presentate e discusse nello stesso corso per il diploma di abilitazione al patentino Uefa Pro, il più importante di Coverciano.

Vincenzo Italiano ci presenta un quadro del suo passaggio da allenatore a giocatore, per arrivare a disquisizioni tecnico – tattiche relative al suo modo d’intendere il calcio, Thiago Motta basa invece la sua tesi sulla centralità del pallone, dai primi calci da bambino, alla padronanza tecnica nel saperlo gestire per arrivare ai modi che preferisce, specie per riprenderlo quando l’hanno gli altri.
Ebbene vedremo che i punti di contatto tra le due concezioni del calcio non sono così pochi, anche se poi le rispettive squadre sono allenate e istruite tatticamente in maniera anche parecchio differente.

Nel pensiero di Italiano c’è la chiara impronta del passaggio giocatore – allenatore che implica soprattutto un diverso approccio mentale, esteso alle 24 ore, un full time di pensieri e preoccupazioni che cambiano la vita rispetto al prima da calciatore.
In quello di Motta la centralità della palla che da calciatore si manifestava con il suo modo di “guidare” i compagni sul campo, da allenatore si estrinseca nella costante ricerca quotidiana del miglioramento dei calciatori, dal punto di vista tecnico, ma anche mentale, nell’intento di formare una squadra in cui nessuno si senta inferiore e soprattutto venga visto come un punto debole.

Ecco come, due filosofie che partono da presupposti diversi, si incontrino per il bene della squadra.
Italiano scrive “adesso che di mestiere faccio l’allenatore, ritengo per forza di cose fondamentale che i calciatori che alleno siano (o diventino) “tutti registi”, tutti “costruttori” del gioco, indipendentemente dal ruolo“, Motta ribatte con un concetto simile nella sostanza “emerge come evidente il fatto che la maturità tecnica e psichica del singolo calciatore contribuisca a sua volta a sviluppare un modello di intelligenza collettiva che anima una squadra, senza che le naturali gerarchie imposte da criteri di personalità e competenze dei singoli nuocciano alla vita del gruppo/famiglia per il raggiungimento dell’obiettivo comune, rappresentato dalla vittoria“.

Far crescere il singolo affinché la squadra ne tragga giovamento, un principio al quale, a modo loro, entrambi gli allenatori credono e che ritengono fondamentale per la buona riuscita del progetto squadra.
Da qui le infinite richieste dirette, e spesso colorite, di Italiano nei confronti dei suoi giocatori, durante le sedute di allenamento, come la costante richiesta del massimo impegno quotidiano da parte di Motta.
Chi non da il 110% in allenamento non gioca” diceva giovedì sera Emmanuel Gyasi intervistato a Voglia di Spezia su TLS, sottolineando la giornaliera richiesta di superamento dei propri limiti, da parte del tecnico italo-brasiliano.
Motta del quale mi piace citare ancora un passaggio molto significativo “Si passa così facilmente da una squadra con qualche protagonista a una squadra di protagonisti, secondo le proprie attitudini e doti messe a servizio del collettivo. Dove anche il fuoriclasse contribuisce allo sforzo collettivo perché recepisce il vantaggio non solo di squadra, ma anche personale, per esprimere il proprio talento e raccoglierne i meritati onori“, che poi è alla base dei più riusciti progetti tecnici a tutti i livelli.

Ma i punti d’incontro non terminano qui, perché ce n’è un altro evidente, anche se non sempre perseguito con movimenti e atteggiamenti identici sul terreno di gioco: la costante ricerca del recupero palla il più velocemente possibile.
Da questo punto di vista Italiano scrive “In fase di transizione negativa, l’obiettivo è quello di recuperare il pallone più velocemente possibile subito dopo averlo perso, o comunque di riorganizzare e riconquistare il possesso, costringere l’avversario ad effettuare scelte difficili o comunque poco ragionate o preparate“, mentre Motta ci fa capire il concetto nella citazione dei tre principi sui quali si basa il suo credo “A) per ottenere un calcio dominante bisogna non avere paura del pallone, B) per un calcio d’attacco bisogna volere e ottenere il possesso della palla. C) La fase difensiva deve essere volta al recupero più rapido possibile della palla“.

Punti di contatto che, come detto, trovano poi differente applicazione nella pratica con le squadre di Italiano che per raggiungere l’obiettivo recupero palla, portano la difesa a posizionarsi sempre molto alta, mentre lo Spezia di Motta utilizza il concetto in maniera meno esasperata e più prudente.
L’altra differenza che è presto evidente è nella visione dell’aspetto tattico dei due tecnici, con Italiano più propenso ai percorsi ripetitivi del 4-3-3, mentre Motta, molto anche per necessità, ma non solo, esplora anche sistemi di gioco differenti che consentono alla squadra una maggiore adattabilità a situazioni nuove.

Le differenze poi si estendono alla gestione del gruppo, determinata molto anche dal carattere differente dei due tecnici, per passare al diverso coinvolgimento dello staff, più accentratore Italiano, più collaborativo Motta.
Anche durante la gara si possono percepire comportamenti diversi, con l’ex mister costantemente impegnato a guidare i suoi a differenza di un Thiago Motta prodigo di consigli, ma che lascia più liberi i suoi anche a livello d’inventiva sul campo.

Di sicuro lunedì non sarà una partita normale per i due tecnici e per la gente del Picco e se il primo round lo ha vinto Italiano nettamente, forte anche di una squadra con qualità tecniche decisamente superiori a quella di Motta, questa volta sarà probabilmente tutta un’altra storia

Enrico Lazzeri
Enrico Lazzeri
Nato a La Spezia, è il Direttore Responsabile della testata, segue lo Spezia con passione e trasporto dai primi anni '80 prima da tifoso, poi da tecnico televisivo ed infine da giornalista. Per anni Direttore di Astroradio, collabora con Tele Liguria Sud dagli anni 80, attualmente opinionista nella trasmissione Voglia di Spezia al giovedì sera.

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