Il commento – La porta girevole del calcio e i veri uomini

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[ot-caption title=”Nenad Bjelica saluta i raccattapalle – Foto Patrizio Moretti” url=”http://speziacalcionews.it/quotidiano/files/uploads/2015/10/Mister-Bjelica.jpg”]

Traversa di Catellani. Qualche minuto dopo, a pochissimi minuti dal termine del primo tempo, gol di Galabinov.

Quel senso di impotenza che pervade tifosi, sportivi e osservatori da settimane, è tutto qua, risiede nella solita trama beffarda che ammazza una squadra debole mentalmente, priva di fiducia, di forza morale, di anima. E spesso anche di buona sorte.

Un’auto-distruzione iniziata un mese fa, passo dopo passo, tra cadute rovinose e inciampi meno evidenti che hanno comunque fatto male.

Una luce che si è spenta, un interruttore mai più ritrovato, un carattere – quello dello scorso anno e del primo mese di questo campionato – di cui non si è avvertita traccia in questo mese.

Mai un ribaltamento di una situazione difficile, mai una partita portata in discesa. A Novara però, è stata netta la sensazione che, oltre alla sfortuna, all’imprecisione degli avanti e agli errori dei singoli in fase difensiva, a questa squadra sia venuta meno l’identità e la forza interiore che ti permette di superare fasi difficili, di serrare le fila per muovere passi in avanti.

Un tunnel senza uscita fatto di sfiducia, che neanche le ultime variazioni di modulo in casa e in trasferta hanno reso meno lungo e tortuoso.

Il modulo, appunto, altro appiglio al quale Bjelica ha cercato di tenersi stretto prima di naufragare completamente. Nel 3-5-2 proposto ieri, che saggiamente sapeva tanto di “cerchiamo almeno un punto per trovarne magari tre” come altre volte avvenuto, occorrono centrocampisti di buona tecnica e con doti importanti di dinamismo e di inserimento. Ne Acampora ne Errasti le possiedono, a differenza dello scorso anno, quando Brezovec, Canadjia o Bakic davano sostanza e qualità a questo modulo che ieri era privo di tutte queste doti singolarmente, e di conseguenza di reparto.

Un centrocampo mai compatto, costantemente preso in mezzo dai centrocampisti e dagli attaccanti del Novara. Si difendeva male tutti insieme, non si attaccava mai tutti insieme.

Lascia perplessi, dopo il forfait di Brezovec, la rinuncia a Canadjia in questo tipo di centrocampo, giocatore apparso per altro brillante e incisivo in quel primo tempo contro il Cagliari.

Ma questo non è che un altro dettaglio, un’altra osservazione che da oggi conterà ben poco e che neppure Bjelica potrà spiegare.

A pagare per tutti, come sistema vuole, è proprio lui. Lo stesso Bjelica che nelle ultime settimane in casa e in trasferta si aggirava nervosamente davanti alla panchina, in un avanti e indietro continuo, ad ogni errore offensivo che non consentiva alla squadra di sbloccare partite complicate, che sarebbero magari potute mettersi in discesa con una dose superiore di cinismo e concretezza.

Come se sapesse già tutto, come se temesse o preventivasse già tutto. Il calcio del resto è materia alla fine neanche troppo complessa, quando tutto gira storto può bastare uno squarcio di luce a placare la tempesta. Uno squarcio mai pervenuto, una pioggia battente mai più arrestatasi, talvolta divenuta grandine.

Oggi c’è da voltare pagina, questo ordina la società e probabilmente proprio di questo, adesso, c’era bisogno.

Prima però, c’è da ringraziare una persona che, sulla panchina dello Spezia, per 66 volte ha onorato la maglia e la società al meglio, un esempio di professionalità e di umanità come al Picco non si vedeva da tempo, se si esclude la breve parentesi Gigi Cagni.

Di questo c’è bisogno nel calcio di oggi, meno burattini, meno piangine, più persone vere, che hanno un idea di calcio e cercano di portarla avanti senza trovare scuse se qualcosa non gira. Persone che sanno riconoscere colpe, fortune proprie e meriti degli avversari in ogni partita. Sostenitori e detrattori dell’ultim’ora, tutti assieme, oggi non possono che ringraziarlo comunque.

Ringraziarlo non tanto per i risultati ottenuti, quanto per aver riportato un certo tipo di calcio e di attaccamento alla maglia in questa città. Perché nel vai e vieni continuo del sistema calcio, in quella porta girevole perennemente aperta dalla quale molti entrano ed escono ogni anno, questa piazza lascia andare i “professionisti”, ma ringrazia e ricorderà per sempre i veri uomini che se ne vanno.

Uomini come lui.

Dennis Maggiani
Dennis Maggiani
Nato a La Spezia, laureato in Scienze giuridiche, Istruttore qualificato di Scuola Calcio, ex Osservatore del Settore giovanile dello Spezia Calcio. Dal 2015 redattore di Spezia Calcio News Quotidiano.

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