FOCUS – Un Play Off maledetto e due passeggiate nella stessa sera..

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L’ennesimo Play Off indigesto della storia recente dello Spezia Calcio, l’ennesima urgenza di ripartire cercando di captare e carpire umori, sensazioni e volontà di miglioramento della Proprietà.
Per voltar pagina, questa volta, occorrerà un attimo di pazienza in più, visto il boccone amaro lasciato dalla partita casalinga contro il Cittadella.
Amaro forse come non mai, visti i presupposti e le speranze con le quali la truppa di Pasquale Marino si affacciava a questi spareggi aperti davvero ad ogni risultato positivo.

Un boccone più amaro di altri vista poi l’incredibile puntualità col quale si presenta il fallimento degli appuntamenti più importanti lungo questi anni appena trascorsi, che corrispondono spesso con le partite che si disputano tra le mura amiche, quando c’è il pubblico delle grandi occasioni ed un appuntamento col salto di qualità che, per motivi diversi, viene disatteso con costanza chirurgica.

Ancor più amaro quel boccone, dicevamo, anche perché quella di Pasquale Marino era, a detta di molti, la possibile mina vagante di questi spareggi privi di una squadra realmente più forte di altre.
Una formazione poi, quella aquilotta, che aveva recuperato tutti gli effettivi della rosa, dalla difesa all’attacco, pronta a raccogliere i frutti di una semina importante sul piano del gioco.
Anche il tecnico aquilotto, in cuor suo, avrà sperato che più di un ottimo Moncini avrebbero potuto qualcuno tra Galabinov, Okereke, Gyasi, Da Cruz, Bidaoui, più di un ordinato Cittadella avrebbe potuto la fame, la mentalità, la voglia di vincere di una squadra che da un anno propone calcio d’alto livello, trascinata poi da un “Picco” finalmente pieno di gente e voglioso di sognare.

Più forti di tutto, invece, sono stati due difetti assoluti di questa squadra, che con severa puntualità ha presentato il conto nell’appuntamento più importante: la mancanza di cinismo da parte di alcuni suoi attaccanti nei momenti importanti, e le amnesie difensive che portano ad errori di lettura e posizionamento a difesa schierata.
Moncini, attaccante di sicuro avvenire affacciatosi non da molto alla doppia cifra, ha castigato senza pietà le velleità di un gruppo che si sentiva forte, che dopo il pareggio di Maggiore avrebbe dovuto gestire con maggior criterio, entusiasmo e furbizia una partita che si era messa male col primo svantaggio.

A parte Okereke, del quale col senno di poi si rimpiange un utilizzo da centravanti o, quantomeno, più vicino alla porta, gli altri attaccanti steccano, indipendentemente dal minutaggio. Qui risiede il peccato principale.
Il modo in cui Marino lascia il campo a fine partita è emblematico della delusione di tutto un gruppo.
Testa bassa, passo lentissimo, mani in tasca e la mente che, c’è da starne certi, ripercorre in un flash la stagione e quella serata, quelle occasioni sprecate, quegli errori fatali.

C’è un’altra passaggiata, dopo quella di Marino che mestamente abbandona il campo dopo il fischio finale, che potrebbe avere in qualche modo tracciato una linea programmatica sull’immediato futuro, ed è quella di Angelozzi, di Doronzo e del team manager Pignotti, insieme sul lungomare, di notte, tra la brezza del mare, le palme e le classiche luci soffuse della Passeggiata, avvenuta in un mix di sensazioni contrastanti: da una parte la ferita freschissima data dalla sconfitta, dall’altra l’esigenza di appellarsi a tutta la propria esperienza e sapienza manageriale per capire immediatamente come e dove ripartire, dove puntellare, dove cambiare, dove rinforzare con decisione.

Con la consapevolezza che non c’è da disperdere il patrimonio di idee e di mentalità sulle quali mister Marino ha lavorato con profitto, seppur con amaro esito, durante l’anno.
E chissà che anche lui, in fondo, non possa trarre insegnamento da questo maledetto passaggio a vuoto finale figlio non di episodi sporadici, ma di piccoli difetti venuti a galla con troppa regolarità negli ultimi mesi.

E poi c’è Gabriele Volpi, il cui unico passo ora deve essere semplice semplice: lasciare tutto in mano a Guido Angelozzi, senza commettere gli errori del passato.
Allora, in questo modo, potrà pure continuare a stare lontano dallo stadio e da questa sua creatura che, da anni, grazie certamente a lui abita con disinvoltura una categoria sognata per decenni e generazioni.

Dennis Maggiani
Dennis Maggiani
Nato a La Spezia, laureato in Scienze giuridiche, Istruttore qualificato di Scuola Calcio, ex Osservatore del Settore giovanile dello Spezia Calcio. Dal 2015 redattore di Spezia Calcio News Quotidiano.

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